Sezione: Racconti
Franco lamensa
L’asino di Christiane Singer
Ho avuto la fortuna, a pasqua, di assistere il mio vecchio asino che moriva. Ho avuto anche il privilegio di vegliare delle persone care in punto di morte e provo un’immensa riconoscenza per essere stata autorizzata a entrare nella camera dei moribondi – nel luogo dove si celebra la morte. Come nei luoghi dove si celebra la nascita, le porte del cielo si aprono: terra e cielo si toccano. All’ingresso e all’uscita dall’esistenza, lo stesso miracolo, sempre.
Il mio asino aveva già quarantadue anni. L’avevo conosciuto una trentina d’anni prima, quando era arzillo, aveva una vitalità incredibile, un’energia esuberante. Poi l’ho visto invecchiare, incanutire; e alla fine era diventato anche molto ingombrante, sempre ritto e immobile dove non era il caso, davanti alle porte, nell’atrio, e difficile da spostare, con quella lentezza della vecchiaia, quell’eternità che si spande piano piano nelle vene… E qualche giorno prima di pasqua ecco che si piega su un fianco e non può più alzarsi. Viene chiamato il veterinario del villaggio e dice che bisogna addormentarlo perché certamente non si rialzerà più. Ho chiesto al veterinario perché bisognava addormentarlo. Mi ha risposto: per evitargli di soffrire. Ma io gli ho detto che aveva già sofferto molto: aveva perduto la sua compagna, un’asina greca, e due figli, aveva trascorso tanti inverni solo nella sua stalla buia… Conosceva bene la vita e tutto il suo corteo di miserie e di gioie. Conosceva tutto ed era abbastanza grande per arrivare fino in fondo alla vita. Il problema era piuttosto, gli ho detto, di sapere quante sofferenze fossimo in grado di sopportare lui ed io e di quanta pazienza fossimo capaci!
Il veterinario se n’è andato; e sono cominciate le lunghe giornate in cui scendevo ogni ora a dare da bere al mio asino con un cucchiaio – le lunghe, lunghe giornate. Un mattino mi sono chiesta se non avessi preso una decisione sbagliata e mi sono sentita perduta: è stato quando ha cominciato a muoversi, a scalciare, a dibattersi. Ma rasserenandomi, riprendendo fiducia in noi due, ho creduto di capire che ancora una volta la vita si risvegliava in lui con la fiera memoria delle cavalcate, e che lui tentava di balzare incontro all’orizzonte, come spesso aveva fatto.
Poi mio figlio più piccolo m’ha consigliato di non allontanarmi più – si trattava di poco – e aveva ragione. Si è verificato qualcosa di meraviglioso in quegli ultimi istanti. Il mio asino ha emesso profondissimi respiri e all’ultimo momento, quando aspettavo ancora un respiro che non è più venuto, un’immensa lacrima cristallina si è staccata dall’angolo del suo occhio ed è colata sul fieno. In quella stalla il cielo si è aperto e quello che avevo conosciuto al momento della morte di persone vicine e care era presente là, della stessa qualità e con la stessa meraviglia.
Il cielo si è aperto per accogliere un asino!
Era qualcosa di talmente inatteso per me, quel sacro in quella stalla, che veramente tremo ancora quando ne parlo. Avrei potuto raccontare anche altri episodi, ma voi capite che con un asino si può andare direttamente all’essenziale. Nessuno intralcia il passaggio.
Ecco l’ultima storia che volevo parteciparvi, una storia di ogni giorno, una storia che distrugge le categorie e ci fa entrare nel miracolo di CIÒ che È – senza aver niente da aggiungere né da togliere.
Christiane Singer, Del buon uso delle crisi, Servitium